ACHES AND SHAME
Adalberto Abbate, Paolo Canevari, Mario Consiglio, Regina José Galindo, Federico Lupo, Urs Lüthi, Diego Moreno,
✶
01 10 - 01 11 2021
Curated by Adalberto Abbate
Text by Luisa Montaperto
Aches and shame è il nuovo progetto espositivio di Spazio Rivoluzione, curato da Adalberto Abbate.
Aches and shame/ Dolori e vergogna scandaglia nelle sue profondità le problematiche e le interferenze sociali che attraversano il nostro tempo, ferito, corrotto e irriducibilmente carico di dolore.
Video, foto, installazioni e perfino un audio recuperato da una vecchia segreteria telefonica descrivono un’umanità rotta, spezzata dal suo interno, che getta un urlo al di fuori della propria pelle. A denti stretti, dolore e vergogna raccontano di un dramma vissuto, di un’esperienza intima che trova riflesso in uno stato universalmente condiviso di sofferenza, disgusto e rabbia.
Nelle donne velate di Regina José Galindo, monumenti viventi contro l’oppressione e la violenza, la vulnerabilità del corpo femminile coesiste con un anelito di resistenza. Presenze silenti, potenti, materializzano l’orrore dei numerosi femminicidi perpetrati in Germania, come in tutta Europa e nel resto del mondo; crimini spesso invisibili che faticano ad avere giustizia e adeguato riscatto.
Costretti a subire l’errore dell’altro, avvertiamo un profondo senso di abbandono, talvolta di impotenza, che alimenta ossessioni e fragilità. Nelle lacrime di Urs Lüthi si palesa la scissione tra il sé e la necessità di rappresentare un altro da sé, in un bilancio esistenziale drammatico e difficilmente curabile.
L’essere immersi una società giudicante, che pesa azioni e scelte, attiva infatti debolezze difficili da sanare. Il giudizio genera vergogna; la vergogna, senso di solitudine e di mancata appartenenza. Da questa instabilità nascono angoscia e incertezza, ma anche un forte desiderio di riscatto. Nell’uso icastico della parola di Paolo Canevari e di Mario Consiglio c’è forse la ricerca di una risoluzione, di un solco tracciato, di un punto stabile ma inevitabilmente cinico dal quale partire.
Quale sia la strada, non ci abbandona un senso di radicata inquietudine. Un resto umano che penzola da una manica di una profumata pelliccia (Adalberto Abbate), lo sguardo straniante e un po’ demoniaco di due ragazzi nel giorno della loro comunione (Diego Moreno) e la voce dell'anziano padre registrata nella segreteria telefonica del figlio Doriano (Federico Lupo) sono frammenti di umanità residua, vulnerabile, commovente e tenera ma per niente confortante.
ENG
Aches and shame is the new Spazio Revolution exhibition project, curated by Adalberto Abbate.
Aches and shame plumbs in its depths the problems and social interferences that run through our time, wounded, corrupt and irreducibly charged with pain.
Videos, photos, installations and even audio recovered from an old answering machine describe a broken humanity, broken from the inside, which throws a scream out of its own skin. With gritted teeth, pain and shame tell of a lived drama, of an intimate experience that is reflected in a universally shared state of suffering, disgust and anger.
In Regina José Galindo's veiled women, living monuments against oppression and violence, the vulnerability of the female body coexists with a yearning for resistance. Silent, powerful presences materialize the horror of the numerous femicides perpetrated in Germany, as in all of Europe and the rest of the world; often invisible crimes that struggle to have justice and adequate redemption.
Forced to suffer the error of the other, we feel a deep sense of abandonment, sometimes of helplessness, which feeds obsessions and fragility. In Urs Lüthi's tears, the split between the self and the need to represent another from oneself is revealed, in a dramatic and hardly curable existential balance.
Being immersed in a judging society, which weighs actions and choices, in fact activates weaknesses that are difficult to heal. Judgment breeds shame; shame, a sense of loneliness and lack of belonging. Anguish and uncertainty arise from this instability, but also a strong desire for redemption. In the icastic use of the word by Paolo Canevari and Mario Consiglio there is perhaps the search for a resolution, a traced furrow, a stable but inevitably cynical point from which to start.
Whatever the way, a sense of deep-rooted uneasiness does not leave us. A human remnant dangling from a scented fur sleeve (Adalberto Abbate), the alienating and slightly demonic gaze of two boys on the day of their communion (Diego Moreno) and the voice of the elderly father recorded on his son's answering machine Doriano (Federico Lupo) are fragments of residual humanity, vulnerable, moving and tender but not at all comforting.
ACHES AND SHAME
Adalberto Abbate, Paolo Canevari, Mario Consiglio, Regina José Galindo, Federico Lupo, Urs Lüthi, Diego Moreno,
✶
01 10 - 01 11 2021
Curated by Adalberto Abbate
Text by Luisa Montaperto
Aches and shame è il nuovo progetto espositivio di Spazio Rivoluzione, curato da Adalberto Abbate.
Aches and shame/ Dolori e vergogna scandaglia nelle sue profondità le problematiche e le interferenze sociali che attraversano il nostro tempo, ferito, corrotto e irriducibilmente carico di dolore.
Video, foto, installazioni e perfino un audio recuperato da una vecchia segreteria telefonica descrivono un’umanità rotta, spezzata dal suo interno, che getta un urlo al di fuori della propria pelle. A denti stretti, dolore e vergogna raccontano di un dramma vissuto, di un’esperienza intima che trova riflesso in uno stato universalmente condiviso di sofferenza, disgusto e rabbia.
Nelle donne velate di Regina José Galindo, monumenti viventi contro l’oppressione e la violenza, la vulnerabilità del corpo femminile coesiste con un anelito di resistenza. Presenze silenti, potenti, materializzano l’orrore dei numerosi femminicidi perpetrati in Germania, come in tutta Europa e nel resto del mondo; crimini spesso invisibili che faticano ad avere giustizia e adeguato riscatto.
Costretti a subire l’errore dell’altro, avvertiamo un profondo senso di abbandono, talvolta di impotenza, che alimenta ossessioni e fragilità. Nelle lacrime di Urs Lüthi si palesa la scissione tra il sé e la necessità di rappresentare un altro da sé, in un bilancio esistenziale drammatico e difficilmente curabile.
L’essere immersi una società giudicante, che pesa azioni e scelte, attiva infatti debolezze difficili da sanare. Il giudizio genera vergogna; la vergogna, senso di solitudine e di mancata appartenenza. Da questa instabilità nascono angoscia e incertezza, ma anche un forte desiderio di riscatto. Nell’uso icastico della parola di Paolo Canevari e di Mario Consiglio c’è forse la ricerca di una risoluzione, di un solco tracciato, di un punto stabile ma inevitabilmente cinico dal quale partire.
Quale sia la strada, non ci abbandona un senso di radicata inquietudine. Un resto umano che penzola da una manica di una profumata pelliccia (Adalberto Abbate), lo sguardo straniante e un po’ demoniaco di due ragazzi nel giorno della loro comunione (Diego Moreno) e la voce dell'anziano padre registrata nella segreteria telefonica del figlio Doriano (Federico Lupo) sono frammenti di umanità residua, vulnerabile, commovente e tenera ma per niente confortante.
ENG
Aches and shame is the new Spazio Revolution exhibition project, curated by Adalberto Abbate.
Aches and shame plumbs in its depths the problems and social interferences that run through our time, wounded, corrupt and irreducibly charged with pain.
Videos, photos, installations and even audio recovered from an old answering machine describe a broken humanity, broken from the inside, which throws a scream out of its own skin. With gritted teeth, pain and shame tell of a lived drama, of an intimate experience that is reflected in a universally shared state of suffering, disgust and anger.
In Regina José Galindo's veiled women, living monuments against oppression and violence, the vulnerability of the female body coexists with a yearning for resistance. Silent, powerful presences materialize the horror of the numerous femicides perpetrated in Germany, as in all of Europe and the rest of the world; often invisible crimes that struggle to have justice and adequate redemption.
Forced to suffer the error of the other, we feel a deep sense of abandonment, sometimes of helplessness, which feeds obsessions and fragility. In Urs Lüthi's tears, the split between the self and the need to represent another from oneself is revealed, in a dramatic and hardly curable existential balance.
Being immersed in a judging society, which weighs actions and choices, in fact activates weaknesses that are difficult to heal. Judgment breeds shame; shame, a sense of loneliness and lack of belonging. Anguish and uncertainty arise from this instability, but also a strong desire for redemption. In the icastic use of the word by Paolo Canevari and Mario Consiglio there is perhaps the search for a resolution, a traced furrow, a stable but inevitably cynical point from which to start.
Whatever the way, a sense of deep-rooted uneasiness does not leave us. A human remnant dangling from a scented fur sleeve (Adalberto Abbate), the alienating and slightly demonic gaze of two boys on the day of their communion (Diego Moreno) and the voice of the elderly father recorded on his son's answering machine Doriano (Federico Lupo) are fragments of residual humanity, vulnerable, moving and tender but not at all comforting.